Who Made My Clothes?

La rivoluzione nel mondo della Fashion Industry inizia a farsi sempre più viva e la domanda “Who Made My Clothes?”, “Chi fa i miei vestiti?”, posta dall’organizzazione Fashion Revolution, che ha avuto come spinta iniziale il disastro avvenuto al Rana Plaza nell’Aprile del 2013, inizia a prendere la piega in tutto il mondo come un modo più coscienzioso di acquistare e fare abbigliamento.

In Italia sembra fare ancora un po’ fatica, ma soprattutto i piccoli brand d’abbigliamento artigianale ci stanno mettendo letteralmente la faccia per far scoprire chi c’è dietro all’immagine, anche a volte patinata, che si lascia intravedere dai social network.

Si ha sempre difficoltà come micro brand a porsi in prima persona e mostrare chi c’è dietro e che crea in prima persona gli articoli che vende, si teme sempre di mostrare un’immagine poco professionale o da hobbista della domenica, quando in realtà metterci la faccia può creare una connessione unica tra chi compra e chi vende, è un modo per far entrare le persone nel sogno di chi ha creato il brand, è per questi due motivi che ho spostato la sezione maker sull’altro profilo, ma mantenendolo aperto perché tutte voi possiate sbirciare cosa succede dietro alle quinte.

Quando ho deciso di creare Måne l’ho fatto non solo per esigenza artistica, ma anche perché desideravo creare qualcosa che avesse una filiera produttiva certa e controllata sotto ogni punto di vista, che rispettasse appieno la mia idea di creare moda.

Dopo anni d’esperienza nell’industria della moda ho capito che si fosse instaurato un meccanismo estremamente contorto, un ciclo vizioso, che in un certo senso non mi sento nemmeno di attribuire completamente a queste aziende, non stiamo parlando di aziende di alta moda, ma di aziende di medio livello; queste aziende si ritrovano a competere con la fast fashion, non solo di brand internazionali con un capitale economico esorbitante, ma anche di alcuni brand italiani piuttosto popolari. Il tentativo di rimanere in mercato porta queste aziende ad una costante ricerca nell’abbassamento dei costi e di conseguenza del prezzo d’uscita al pubblico.

Questo comporta che si ricerchino materiali di basso costo e, poco importa l’impatto ambientale o che le imprese che producono questi materiali paghino un giusto prezzo ai dipendenti, l’importante è che si abbassino i costi di produzione; ciò avviene anche nelle stesse aziende italiane, dove gli stipendi sono fermi a trent’anni fa e dove i dipendenti non hanno più potere d’acquisto, ma sono costantemente bombardati da una propaganda all’acquisto compulsivo e si riversano sui brand con modalità copy-cat dai prezzi micro e con un settimanale cambio di merce, appunto fast fashion, perché spesso spaventati dai prezzi dei brand conscious.

Purtroppo fino a quando non riusciremo ad uscire da questo ciclo vizioso che ci porta all’acquisto compulsivo di abiti, ma non solo, e non comprenderemo, ad esempio, che una maglietta non può costare quanto due gelati questo cambiamento sarà lungo e difficile. Måne si sta impegnando per cambiare tutto questo un passo alla volta, sensibilizzando a scelte d’acquisto più responsabili e proponendo un prodotto di qualità sartoriale con prezzi accessibili, ecco spiegato perché siamo presenti solo online, stiamo anche provvedendo a ricercare packaging a basso impatto ambientale e valutando un modo per aiutarvi a rinnovare il Vostro guardaroba firmato måne.

Raccontatemi le Vostre esperienze con la conscious fashion e ditemi le vostre idee e proposte. Un abbraccio Liz

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